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mercoledì 2 marzo 2011

ikenobo

'' ..Se disponiamo dei fiori in un vaso, lo facciamo perchè mostrino la loro bellezza, rallegrino la vista e l'olfatto. Possiamo trasformarli in messaggi: pietà filiale o religiosa, amore, riconoscenza, rispetto. Ma per belli che siano, i fiori hanno un difetto: strappati dal loro contesto, continuano a rappresentare solo sè stessi. Sono come l'attore di cui parla Decroux, un uomo condannato a rassomigliare ad un uomo, un corpo che imita un corpo. Il che può essere piacevole, ma non è sufficiente per l'arte. [...]

Ma immaginiamo di usare i fiori recisi per rappresentare la lotta della pianta per crescere, per allontanarsi dal terreno in cui affonda tanto più le radici quanto più si alza verso il cielo. Immaginiamo di voler rappresentare il passaggio del tempo, come la pianta sbocci, cresca, si chini, appassisca e muoia. Se riusciremo nel nostro intento, i fiori rappresenteranno qualcosa d'altro dai fiori e comporranno un'opera d'arte. Avremo fatto un' ikebana.

Ikebana significa - se si segue il valore dell'ideogramma - "far vivere i fiori". ''

Eugenio Barba, "La canoa di carta", ed. Il Mulino, 1993, pp. 52 - 53

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